giovedì 1 novembre 2012

ESSERE IMPERFETTI NON È UN BUON PRETESTO PER NON TESTIMONIARE LA VERITÁ Considerazioni sulla natura della Chiesa; sull’imperfezione indubbia del nostro Circolo, sulla legittimità di alcune posizioni, come quella sul Terzo Segreto di Fatima

di Diego Vanni


Si sente spesso dire – anche a noi del Circolo Ragionar cattolico – frasi come queste: «Ma non vi rendete conto di essere peccatori, imperfetti, indegni del messaggio che veicolate?!», oppure: «Ma come mai vi sentite investiti di una simile missione?! Mica siete preti!» o ancora: «Ma cosa scrivete?! Mica siete laureati in Teologia!». Ora; è fuori discussione che sia io che Francesco Bernardini siamo imperfetti, peccatori, indegni del messaggio che veicoliamo. Dirò di più: magari siamo anche peggio di tutti gli altri uomini! E’ altrettanto vero che non siamo preti, come è vero che Francesco ha studiato Matematica e io Giurisprudenza, non, dunque, Teologia. Queste obiezioni – c’è da chiedersi – hanno ragion d’essere?! Vediamo di analizzarle, una per una. Partiamo dalla prima («Ma non vi rendete conto di essere peccatori, imperfetti, indegni del messaggio che veicolate?!»). Se questa obiezione fosse corretta, se avesse ragion d’essere, nessuno potrebbe essere un portatore del kerigma, un annunciatore della Buona Novella. La Chiesa stessa – intesa come Clero, Gerarchia – non lo sarebbe, non lo è. Eh già! Perché il Papa stesso è peccatore (si confessa, per chi non lo sapesse). Idem, evidentemente, per Cardinali, Vescovi e preti. Mi sembra già di sentire il partito del colletto bianco che mi rimprovera: «Ma non lo dire! Ma cosa dici?! Non ti rendi conto che queste parole minano la credibilità dell’Istituzione-Chiesa?!». No! Dissento! Bisogna smettere di voler dare un’immagine della Chiesa diversa da come il suo divino Fondatore l’ha voluta. La prova? Eccola: Dio è onnisciente; Gesù è Dio; Gesù si è scelto gli Apostoli da solo (da Pietro a Giuda). Non sapeva, dunque, Gesù, che fra di loro c’era il traditore Giuda?! Non l’ha forse fatto Apostolo (dunque Vescovo), pur sapendolo?! E non ha affidato la guida suprema stessa di questa Chiesa a quel Pietro, che pure talvolta ha rimproverato con parole durissime?! Vedi: «Vattene via da Me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini» (Mt 16,23), detto poco dopo avergli affidato la Chiesa: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli» (Mt 16,18). Non ha forse Gesù affidato la guida di questa Chiesa a quel Pietro che, nella sua onniscienza, sapeva che lo avrebbe rinnegato?! E che lo sapesse – è ovvio, è Dio, ma rileviamolo comunque – si evince anche da un altro passo del Vangelo: «E Pietro gli disse: “Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai”. Gli disse Gesù: “In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte”» (Mt 26, 33-34). Tiriamone le somme: Gesù ha affidato la guida della Chiesa a un rinnegatore – che poi si pente e muore per lui, ma che pur sempre, in un dato momento, ha rinnegato – e ha voluto fra i suoi vescovi un traditore. E gli altri Apostoli, dunque gli altri Vescovi?! Sono coloro ai quali Gesù dice: «Così, non siete stati capaci di vegliare con Me un’ora sola? (Mt 26,40). Folle?! Umanamente forse sì! E’ il mistero della Chiesa! Di quella Chiesa che Lui stesso ha voluto così! Prendiamone atto! Poteva farla di soli angeli, ma non ha voluto così! Fin dalle sue origini, fin dalla sua costituzione, questa Chiesa è stata così strutturata. Strutturata in maniera tale che non fosse completamente avvolta nel carisma dell’indefettibilità, dell’infallibilità e dell’inerranza! Questo ci scandalizza?! Attenzione! Perché l’ha voluta Gesù così! Vogliamo rimproverarlo per questo?! Chi ha provato a rimporverarLo, pensando di ragionare meglio di Lui – l’ho già scritto – si è beccato questo: «Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini» (Mt 16,23)! Ecco allora che se siamo peccatori, imperfetti, indegni del messaggio che veicoliamo, questo non deve scandalizzare: è nella natura della Chiesa (del suo elemento umano, più precisamente)! Se si guardano le cose sotto questa luce allora non scandalizza (più di tanto, quantomeno) più nulla: né certe schifezze di cui il Clero si è – ahimé – macchiato e di cui mi fa orrore perfino scrivere, né certe posizioni che alcuni, fra cui noi, hanno assunto, per esempio per quanto riguarda la questione del Terzo Segreto di Fatima. Certo… se si ragiona da esponenti del partito del colletto bianco… allora è chiaro, è scandaloso: «Come osi insinuare che la Chiesa abbia omesso di pubblicare una parte del Terzo Segreto!» Se si leggono i passi del Vangelo sopra citati, un po’ meno! Ogni cristiano, dunque, è investito di questa missione – e concludo venendo alle altre due obiezioni – della missione di portatore del kerigma! Pur nelle sue imperfezioni, pur se non è un prete (che, comunque, come visto, non è infallibile lo stesso), pur se non ha una laurea in Teologia! Sostenere che solo i perfetti, solo i preti o i laureati in teologia sono investiti di questa missione è un comodo pretesto per non fare quello che siamo chiamati a fare.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 22 di novembre 2012 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)



«ACQUA SIAMO NOI», UN ALTRO CANTO ALL’INSEGNA DELL’INFANTILISMO EBETE E DELL’ASSURDITÁ TEOLOGICA


di Diego Vanni

Seconda “puntata” di questa mia rubrica, che si è prefissata lo scopo di passare in rassegna critica i canti che, solitamente, il “grande pubblico” ascolta la domenica, a Messa. Questa volta tocca ad Acqua siamo noi. La prima cosa che balza agli occhi è un antropocentrismo decisamente sconcertante. Se si prende in esame la prima strofa, il pronome personale “noi” compare per ben 4 volte, a scapito del nome di Gesù, che compare solamente 1 volta. Ubi major… Lo stesso dicasi per la seconda strofa (dove lo stesso pronome compare 3 volte, non considerando la citazione de «l’uomo») e per la terza (dove si menziona, ancora una volta, «umanità»; e altre 3 volte il «noi»). Questo, al solo sguardo di scorcio. Ma veniamo alle singole strofe.

Acqua siamo noi dall'antica sorgente veniamo, fiumi siamo noi se i ruscelli si mettono insieme, mari siamo noi se i torrenti si danno la mano, vita nuova c'è se Gesù è in mezzo a noi.

«Acqua siamo noi, dall’antica sorgente veniamo». Ok; il nostro corpo è formato, per buona parte, da acqua. Ma c’è bisogno di cantarlo in Chiesa questo concetto?! Si potrebbe obiettare: «è metaforica l’espressione». Ok. Cosa vorrebbe significare allora?! Che siamo creature che provengono da un Creatore?! Lo si potrebbe dir meglio. «Fiumi siamo noi se i ruscelli si mettono insieme, mari siamo noi se i torrenti si danno la mano». Un invito all’unità?! Sembrerebbe! Ma all’unità in cosa o… meglio: in Chi?! Nessuna precisazione circa il fatto che l’unità non è valore in sé, ma ha senso se è unità nel nome di Colui senza il quale non possiamo far nulla. Quantomeno, si dice, dopo, una cosa vera e sensata; l’unica: «vita nuova c’è se Gesù è in mezzo a noi». Verissimo! Se non che, da questa giusta affermazione scaturisce, nel canto, un ottimismo ebete ed infantile, talmente grottesco da far ridere a crepapelle; talmente ridicolo da essere indegno non solamente della Liturgia, ma di qualsiasi contesto nel quale viga un minimo di razionalità.

E allora diamoci la mano e tutti insieme camminiamo ed un oceano di pace nascerà. E l'egoismo cancelliamo, un cuore limpido sentiamo è Dio che bagna del suo amor
l'umanità.

Come no! Diamoci la mano; tutti insieme camminiamo ed un oceano di pace nascerà! Certamente! In automatico! Basta darsi la mano, camminare tutti assieme ed un oceano di pace nascerà! Come hanno fatto i Governi a non pensarci! E’ tanto semplice! Basta quello. Infatti Gesù non ha detto: «Senza di Me non potete fare nulla» (Gv 15,5), ma bensì: «Se non vi date la mano e non camminate tutti assieme non potete far nulla»; ivi compresa la pace, che il canto menziona. Ovviamente non tenendo minimamente in considerazione frasi di Gesù come le seguenti: «Non pensate che io sia venuto a mettere pace sulla terra; non sono venuto a metter pace, ma spada». (Mt 10, 34); «Voi pensate che io sia venuto a portar pace sulla terra? No, vi dico, ma piuttosto divisione» (Lc 12, 51) e «Vi lascio pace; vi do la mia pace. Non come quella che il mondo dà» (Gv 14,27). Ma tant’è! Quanto, poi, al «E l’egoismo cancelliamo, un cuore limpido sentiamo»… che dire?! Al di là che sembrano frasi da festival della cannabis, anche qui, come il altri canti del genere, non si può non notare una deficienza lessicale impressionante; una struttura sintattica, sintagmatica assolutamente assurda. Ma cosa vorrà mai dire «un cuore limpido sentiamo»?!

Su nel cielo c'è Dio Padre che vive per l'uomo, crea tutti noi e ci ama di amore infinito, figli siamo noi e fratelli di Cristo Signore, vita nuova c'è quando lui è in mezzo a noi.

Subito dopo questo capolavoro di teologia dogmatica che è questo ritornello, arriva un’altra perla. Scopriamo infatti che «Dio Padre […] vive per l’uomo». La Santissima Trinità non basta a sé stessa; l’amore immenso che lega Padre Figlio e Spirito Santo non è, evidentemente, sufficiente alle tre Persone trinitarie che, invece, vivono per l’uomo. La materia teologica dovrebbe essere trattata con sottigliezza e accuratezza chirurgica, mentre invece si va addirittura oltre il pressappochismo, asserendo cretinate di una grossolanità impressionante! In stile, poi, tipicamente modernista, si mischia all’errore un elemento di verità, confondendo, se possibile, ancora di più. Il canto aggiunge infatti la seguente verità: «(Dio Padre) crea tutti noi e ci ama di amore infinito», salvo poi indurre in confusione nuovamente asserendo che «figli siamo noi e fratelli di Cristo Signore», come se un uomo potesse essere figlio e fratello di suo padre al contempo.

Nuova umanità oggi nasce da chi crede in lui, nuovi siamo noi se l'amore è la legge di vita, figli siamo noi se non siamo divisi da niente, vita eterna c'è quando lui è dentro a noi.

Questa strofa, a onor del vero, è abbastanza accettabile. E’ vero, infatti, che l’umanità è nuova se crede in Lui (muore l’uomo vecchio e nasce quello nuovo), come è vero che «nuovi siamo noi se l’amore è la legge di vita» e che «vita eterna c’è quando lui è dentro a noi». Suscettibile di interpretazione ortodossa, poi, anche la frase «figli siamo noi se non siamo divisi da niente», purché, appunto, significhi che ci deve essere un’unità nella vera fede e che questo non essere «divisi da niente» non sia il pretesto, come talvolta accade, per fare dell’unità un valore fine a sé stesso, a prescindere dal quid. Troppe volte, infatti, in ambienti parrocchiali e non fedeli ortodossi, rigorosamente minoritari, si sentono rimproverare: «Fate divisione!», facendo appunto assurgere l’unità a valore in sé, della serie «dobbiamo essere tutti uniti; se la verità è minoritaria si conformi all’errore maggioritario, così da essere tutti nell’unità».

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 22 di novembre 2012 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)