di
Antonello Ranucci
sindonologo
British Museum, ottobre 1988. La notizia era già stata resa
pubblica dal Vaticano un paio di giorni prima ma, ora, c’erano i
media di tutto il mondo ed il prestigio e la severa
autorevolezza della sede scelta per l’annuncio ufficiale. Il risultato
era ben visibile su una lavagna posta alle spalle del direttore del
Museo che, da parte sua, nulla faceva per nascondere la propria
soddisfazione : 1260 – 1390. Il test di datazione al radiocarbonio
cui era stato sottoposto un frammento di Sindone non lasciava dubbi;
il Lenzuolo che secondo i Vangeli aveva avvolto il Corpo di Cristo
appena deposto dalla Croce, il Telo venerato da milioni di fedeli,
la madre di tutte le reliquie….. era un falso medioevale, un
grossolano falso risalente, appunto, al periodo individuato tra il
1260 ed il 1390. La trappola, nella quale la Chiesa era
(volontariamente ?) caduta, era quindi regolarmente scattata e lo
scacco alla Sindone era dunque posto. Ma, ci chiediamo, il secco
responso scientifico ha quindi veramente chiuso una volta per tutte
la questione? O invece le cose non stanno come si vuole far credere
e la Sindone esce vittoriosa anche da questa “battaglia”?! Sì,
perché troppe cose non tornano alla luce delle altre, molteplici,
analisi cui la Sindone è stata sottoposta; e poi c’è la questione
relativa alla attendibilità del test effettuato! Il metodo di datazione
con il radiocarbonio è davvero così infallibile come si asserisce?!
Potremmo chiudere ogni questione in proposito riportando le parole
pronunciate, purtroppo solo nel 2008 ed ignorate da quasi tutta stampa,
da direttore del Laboratorio di Oxford (uno di quelli che effettuò la
incriminata datazione) che testualmente affermò:«Quell’esame forse era
sbagliato!» Non vogliamo tuttavia sottrarci alla discussione in
proposito, volendo invece approfondire la questione. Va innanzitutto
ribadito una volta per tutte come il test del radiocarbonio non sia
assolutamente esente da imprecisioni e gli scienziati seri sono molto
cauti sul punto giacché, spesso, esso ha fornito risultati
esilaranti; la letteratura scientifica riferisce di grossolani errori
come i gusci di lumache vive risultati vecchi di 26.000 anni o come
quelle foglie cadute dai platani romani e datate come risalenti al
1.400 ! Ciò perché la estrema sensibilità del test lo rende
paradossalmente impreciso, soggetto, com’è, ad alterazioni dovute a
numerosi fattori: all’inquinamento atmosferico, al tasso di vapore
acqueo o anidride carbonica presenti nell’aria e a fenomeni naturali
come eruzioni vulcaniche e grossi incendi. Già gli incendi; la memoria
corre al 1532 a Chambery, dove la Sindone era custodita, e dove un
violento incendio aggredì la cassa di legno ove il Telo era stato
ripiegato. La cassa bruciò, il rivestimento di argento che la ricopriva
si fuse originando grosse gocce che colarono su un angolo causando
quelle simmetriche losanghe che oggi si notano a Telo dispiegato.
Scienziati indipendenti sono concordi nel ritenere che le altissime
temperature cui il Lino fu esposto e l’acqua fredda con cui
bruscamente si spense l’incendio, abbiano drammaticamente alterato i
risultati del test rendendoli totalmente inattendibili. E la Sindone
poi, alla luce della sua storia millenaria e delle precarie (e a volte
ignote) modalità di conservazione, non può essere assoggettata ad un
esperimento di tal genere. Sappiamo che essa è stata baciata, toccata
da milioni di mani; ha asciugato le lacrime di pellegrini,
viaggiatori, nobili, di re, dignitari di corte, di Santi che davanti a
Lei si sono commossi; è stata esposta ai fumi degli incensi e di
essenze profumate; migliaia di candele sono state accese davanti ed Essa
che è stata muta testimone di assedi, guerre, scontri, pestilenze,
etc. Tutto ciò rende la Sindone oggetto “impuro” dal punto di vista del
test di radio datazione che, in quanto tale, è assolutamente
inutilizzabile. C’è inoltre – ma questa è un’altra storia – il fondato
dubbio che, come sembrerebbe evincersi dal filmato girato nell’occasione, i frammenti poi sottoposti al test siano stati
prelevati proprio laddove le monache clarisse eseguirono, dopo
l’incendio, interventi di restauro. E poi ci sono i risultati di
moltissimi esami indipendenti e multidisciplinari cui negli ultimi anni
è stata sottoposta la Sindone, esami che non hanno minimamente svelato
il mistero sull’origine dell’Impronta. Già, perché pochi sanno che il
Sacro Lenzuolo è stato esaminato in lungo e largo, sottoposto a letture
fotografiche elettroniche e computerizzate; ai raggi X, alla ”Luce di
Wood”; alla spettroscopia e spettroflessometria; all’infrarosso;
all’esame termografico con radiazioni infrarosse; al microscopio; a
scansione, etc. Tutti questi esami, sono però serviti a porre nel nulla
tutte le teorie elaborate dai negazionisti iconoclasti. E infatti la
Sindone non è un dipinto stante l’acclarata assenza di pennellate e di
coloranti di alcun genere; non può essere un decalco per l’inesistenza
di trasferimento di sostanze estranee; non è una fotografia (tecnica
peraltro sommariamente elaborata solo nel 1700) che non può dare i
risultati forniti dalla Sindone esposta alla luce di Wood e non è
suscettibile di elaborazione tridimensionale; non è il risultato di un
bassorilievo riscaldato (tesi questa tra le più accreditate dai “
negazionisti”) per una serie di diverse ragioni: il diverso
comportamento alla fluorescenza, la diversa profondità dell’impronta
(quella sindonica è estremamente labile e superficiale, l’altra passa
addirittura il Telo da parte a parte) e l’assenza di immagine sotto le
macchie di sangue.E poi ci sono due il problemi insormontabili per un
falsario medioevale: la presenza di sangue sul Telo dovuto al contatto
con un cadavere e la presenza di pollini. Infatti studiosi americani
ed il Prof. Baima Bollone (anatomopatologo di fama internazionale) sono
giunti, indipendentemente tra loro e nel quadro di diverse analisi, ad
identiche conclusioni: hanno accertato la presenza di sangue, sangue di
colore rosso vivo, particolare invero strano per un sangue molto
antico; tale colorazione, hanno accertato gli studiosi, è dovuto alla
copiosa presenza di bilirubina, il “colore del martirio”, presenza
spiegabile scientificamente con la circostanza che il sangue proveniva
da un corpo precedentemente sottoposto a torture. Il Prof. Baima
Bollone è poi andato ancora più in là, identificando le tracce della
flagellazione e quelle della compressione sulle scapole dell’impronta
dovuta al trasporto del pesante “braccio orizzontale” della Croce,
proprio come descritto dai Vangeli. Ci sono inoltre gli straordinari
risultati degli esami effettuati dallo studioso Max Frei, esperto
botanico e criminologo, il quale prelevò campioni di polvere dalla
Sindone; dopo tre anni di studi, identificò tra le polveri millenarie
granuli di pollini di piante presenti in Italia e Francia; ma anche di
piante, 41 per la precisione, che non esistono in Europa essendo
tipiche ed esclusive della Palestina e della zona del mar Morto;
identificò inoltre il polline – particolare questo importantissimo per
gli studi sindonici – di un giglio selvatico che cresce in altitudine in
un territorio interno della Turchia, laddove oggi sorge la città di
Urfa, l’antica Edessa; città dove, dal terzo al decimo secolo era stato
venerato il c.d. Archeiropoietos (parola traducibile come “non dipinto
da mano umana”) un misterioso telo recante l’immagine del signore e che
gli studiosi identificano con l’odierna Sindone. In altre parole, alla
luce degli studi di Frei, studioso di cultura laica e razionale, il Telo
Sindonico era stato in tutti i luoghi ove, se autentico, doveva essere
stato. Il falsario, tornando alle ipotesi della contraffazione
medioevale, avrebbe dunque dovuto inserire sulla Sindone particolari
invisibili ad occhio nudo: innanzitutto il sangue con la giusta quantità
di bilirubina, senza alcuna pennellatura e apposto nei posti giusti e
prima della creazione dell’immagine; poi i segni del flagello e del
braccio orizzontale della Croce; poi i pollini di piante inesistenti in
Europa. Avrebbe quindi creato l’immagine (in che modo non è dato di
sapere) dandole caratteristiche tridimensionali verificabili solo sulla
scorta di tecniche messe a punto negli anni ’80. Avrebbe poi messo i
chiodi non dove l’iconografia li ha sempre posti (ovvero nel palmo delle
mani) ma, correttamente, nei polsi. Il falsario inoltre doveva essere
a conoscenza di una usanza ebraica, accertata da studi recentissimi
attraverso il ritrovamento di scheletri con monetine all’interno del
teschio, quella di porre monete sugli occhi dei defunti. Infatti studi
con tecniche avanzatissime hanno permesso di identificare tracce di
moneta sul sopracciglio sinistro dell’Impronta; in particolare si
tratterebbe di una moneta identificata come il “ lepton”, coniata
proprio da Pilato in onore dell’imperatore Tiberio. Le evidenze
scientifiche escludono, in sostanza, che la Sindone sia un manufatto
visto che le sofisticatissime analisi avrebbero da tempo scoperto le
modalità di falsificazione o almeno tracce di essa. Resta il problema
dell’identificazione dell’Uomo della Sindone, anche alla luce della sua
straordinaria corrispondenza con i racconti evangelici. Alcuni
sindonologi hanno pensato di usare a tal proposito il “calcolo delle
probabilità” individuando come punto di partenza le straordinarie
caratteristiche comuni tra “l’uomo della Sindone e Gesù. In particolare:
1) Gesù e l’uomo della Sindone sono stati avvolti in un lenzuolo, fatto
molto raro nei tempi antichi; 2) Gesù e l’uomo della Sindone sono
stati avvolti nel lenzuolo senza che prima fossero effettuate operazioni
di lavatura del corpo; 3) Il contatto con il Lenzuolo è stato breve,
non più di due o tre giorni essendo assenti tracce di decomposizione; 4)
Sia l’uomo della Sindone che Gesù sono stati torturati con un casco di
spine, fatto questo eccezionale che costituisce un unicum nella storia;
5) L’uomo della Sindone, come Gesù, ha portato sulle spalle un oggetto
pesante ( il braccio orizzontale della croce); 6) Gesù e l’uomo della
Sindone sono stati crocefissi, fatto alquanto raro poiché nella
maggioranza dei casi i condannati venivano legati alla croce con corde;
7) L’uomo della Sindone e Gesù sono stati feriti al costato e non sono
state spezzate loro le gambe come, invece, erano soliti fare i romani
per accelerare la morte del condannato. Assegnando una probabilità ad
ognuna di tali straordinarie caratteristiche comuni tra l’uomo
della Sindone e Gesù, la probabilità totale che esse si trovino riunite
in uno stesso uomo è pari ad 1 su 200 miliardi. La fede, naturalmente,
non ha bisogno né di reliquie né di evidenze scientifiche; ma la
certezza che la Sindone abbia davvero avvolto il Corpo di Nostro
Signore non solo non è scalfita dalle evidenze scientifiche ma, anzi,
risulta comprovata da esse.
Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 23 di dicembre 2012 - riproduzione riservata (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)