giovedì 28 febbraio 2013

IL PAPA ABDICA. LA GENTE – ME COPRESO – NON CAPISCE PIÚ NIENTE. E SE IL TERZO SEGRETO DI FATIMA…

di Diego Vanni

Il Papa si dimette. O, meglio, abdica. Lascia il ministero petrino, lascia la guida della Chiesa. E i suoi collaboratori, con le loro trovate, se possibile, rendono ancora più drammatica la cosa. «Continuerà a portare la talare bianca» (anche se senza pellegrina); «Continuerà a chiamarsi Benedetto XVI»; «Lo si dovrà chiamare “Sua Santità”»; «Godrà del titolo di “Papa emerito”». E, per di più, vivrà entro le mura vaticane, a due passi dal suo Successore. Sconvolgente! Se già la grande rinuncia desta lo sconcerto nei fedeli; preoccupazione e sconcerto, figuriamoci tutte queste altre geniali trovate dell’apparato vaticano. La talare bianca, i titoli, il nome… Roba da matti! Prima di essere Papa si chiamava forse «Benedetto XVI»?! No, era semplicemente il cardinal Ratzinger. Si è dato questo nome, come tutti i suoi Predecessori, in ragione dell’Ufficio che, con l’elezione del Conclave, ha iniziato a ricoprire. Terminato – bene o male che sia – questo Ufficio, in ragione esclusivamente del quale ha cambiato nome, che senso ha mantenere il nome di «Benedetto XVI»?! Prima di essere Papa vestiva forse la talare bianca?! Ha iniziato a farlo quando il Conclave l’ha eletto, quando ha accettato il ministero petrino, terminato il quale, che senso ha continuare a vestire così?! E tralascio, per pietà, ogni giudizio sui titoli di «Papa emerito» e roba simile. Possibile che l’apparato vaticano non capisca che esiste anche la gente semplice?! E che la gente semplice ragiona per meccanismi immediati, quali abito; nome; titolo e non per sottili ghirigori teologici od ecclesiologici?! Per tanta gente semplice, ma forse non solamente per questa, queste trovate si tradurranno in una constatazione grave: ci sono due Papi. Si controbatterà: «E’ grossolanità!». Forse! Ma io controbatto nuovamente: «Dalla gente semplice che non ha studiato teologia (menomale!), non si può pretendere diversamente». Pertanto, se già la scelta delle dimissioni è gravosa – come ammette lo stesso Benedetto XVI – e porta con sé conseguenze enormi (la possibilità che si consideri il Papato come una qualsivoglia carica da Pubblica Amministrazione, pensionabile, da cui ci si dimette e via dicendo), figuriamoci tutto il pasticcio di contorno. Il livello di confusione, di sconcerto, è enorme. I fedeli sono come canne sbattute dal vento, nell’uragano. Ritengo utile riportare un significativo commento-provocazione che ho letto su di un interessante articolo sul Blog Chiesa e Postconcilio. Scrive un certo Marco: «Se Benedetto XVI rimane Papa emerito, e nel frattempo il suo successore deve rinunciare per qualche motivo, ce ne troviamo 3? Cosa sta diventando, il club degli Ex-Presidenti americani? Non solo, ma se il suo successore dovesse mancare per un evento improvviso, ci sarebbe ancora una sede vacante, o lui tornerebbe a fare la “supplenza” in attesa del nuovo conclave? O peggio ancora: se il suo successore, per motivi di salute non potesse che governare la Chiesa dal suo letto (come ha fatto per un tempo Giovanni Paolo II), non avremmo forse un Papa emerito più “in forze” di quello eletto?». Si rischia di scadere nel grottesco. Per non parlare, poi, della questione della libertà dell’abdicazione. Ha lasciato in piena libertà?! O è stato costretto?! (Non sono domande che mi pongo solamente io, ma anche qualcuno molto più importante di me). Se trattasi del secondo caso, è valida la rinuncia al Papato o è invalidata per vizio della volontà?! E se fosse così, il nuovo Papa non sarebbe forse un Antipapa?! Due Papi – è diritto divino – non ci possono essere (contemporaneamente). Io, sia ben chiaro, non ho elementi per sostenere che sia stato costretto all’abdicazione, ma c’è chi lo sostiene, c’è chi non crede alla motivazione ufficiale. In effetti, pensare a come era iniziato questo pontificato: «Pregate per me, perché io non fugga per paura davanti ai lupi» (Benedetto XVI) rende bene l’idea della situazione. La situazione è caotica, confusa. Sicuramente, benché le cose di cui scrivevo prima ingenerino caos, confusione, forse un elemento positivo, benché involontariamente, c’è. Ricordate il Terzo Segreto di Fatima?! E non parlo della parte non rivelata, bensì di quanto il Vaticano ha pubblicato nel 2000. Ricordate quel riferimento al «Vescovo vestito di Bianco “abbiamo avuto il presentimento che fosse il Santo Padre”»?! Non intendo, per carità, sbilanciarmi a sostenere che questo «Vescovo vestito di Bianco» sia Benedetto XVI, ma non mi sento nemmeno di escluderlo a priori e categoricamente. Come infatti, forse, saprete, l’episcopato non si perde mai. Si rimane vescovi a vita, una volta ricevuta l’Ordinazione episcopale. Pertanto, si può discutere, ad esempio, e lo si è fatto, se Joseph Ratzinger rimanga cardinale o meno – il cardinalato è una dignità, mentre l’episcopato un qualcosa di sacramentale – ma senz’altro è e rimane vescovo. Sembra che sarà un «Vescovo vestito di Bianco».

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 25 di febbraio 2013 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)


UN DOVEROSO COMMENTO ALL'EVENTO DELLE DIMISSIONI DEL PAPA

di Francesco Bernardini

Non potevo, di fronte all’evento delle dimissioni del Sommo Pontefice, non scrivere qualcosa sull’evento stesso. Preferisco non cimentarmi nel difficile compito di esporre le mie idee e preferisco affidarmi alle idee che il Padre Giovanni Cavalcoli (teologo di fama internazionale) ha riportate in un articolo apparso su “Riscossa Cristiana”.

Padre Cavalcoli comincia con lo spiegare la situazione del rapporto tra il Papa e la Gerarchia (Vescovi e Cardinali) come si è evoluto : Gli studiosi di storia della Chiesa hanno notato come dai tempi dell’immediato postconcilio,ossia del pontificato di Paolo VI, il papato abbia cominciato a indebolire la sua autorità neiconfronti dell’episcopato e ciò con tutta probabilità a causa di alcuni difetti insiti nelle direttive pastorali del Concilio, concernenti il rapporto del Papa con in vescovi. Mi riferisco soprattutto alla figura di vescovo che emerge dai decreti conciliari sull’argomento, alla dottrina della collegialità episcopale e della Chiesa locale, dalla quale sono sorte poi le conferenze episcopali nazionali e l’istituto del sinodo mondiale dei vescovi. 

E come è attualmente configurato : […] da cinquant’anni a questa parte ha cominciato a sorgere con uno spaventoso crescendo una crisi di fede o ribellione o disobbedienza a Roma nell’ambito della fede a tutti i livelli e in tutti gli ambienti della compagine ecclesiale: fedeli, sacerdoti, religiosi, teologi e moralisti, non esclusi membri dello stesso episcopato e del collegio cardinalizio, senza che Roma sia stata in grado di opporre una valida difesa e di correggere efficacemente i devianti, i quali viceversa, vedendo il successo ottenuto e l’assenza di ostacoli opposti dall’autorità, sono diventati sempre più arroganti e prepotenti, acquistandosi nella Chiesa con l’inganno, l’adulazione e l’astuzia, molti posti di potere, persino negli stessi ambienti romani, da dove adesso hanno la possibilità di contrastare maggiormente il Magistero del Papa e soffocare quelle poche voci rimaste fedeli al detto Magistero, sostenendo o tollerando invece eretici e ribelli sempre più spavaldi e sicuri di se stessi. […] (Il neomodernismo)  ha fatto capolino con temeraria audacia sin dall’immediato postconcilio ed approfittando appunto del mancato intervento dei vescovi, alcuni dei quali conniventi a tanto scempio, col pretesto ingannevole di realizzare quel Concilio che essi invece falsificavano, si è talmente rafforzato da metter oggi il Sommo Pontefice nelle tristissime e drammatiche condizioni, quasi inaudite, di non sentirsi più in grado di governare la Chiesa. Da qui le dimissioni. E poi continua l’analisi dei problemi più recenti su cui non si è mai fatta vera luce : […] Ma il fatto è che la situazione sta precipitando per eventi gravissimi ed inauditi accaduti proprio in questi ultimi anni e tempi recentissimi: basti pensare allo scandalo della pedofilia coperto da vescovi, alcuni dei quali addirittura implicati, l’inaudito e sacrilego tradimento perpetrato all’interno della stessa Segreteria di Stato dove i mandanti sono riusciti per ora a celarsi dietro il povero Paolo Gabriele, la resistenza episcopale scandalosa al decreto pontificio di liberalizzazione della Messa Tridentina (Non a caso nella maggioranza delle diocesi c’è una accanita opposizione dei vescovi alla piena attualizzazione del Motu Proprio sulla Messa Tridentina).

Padre Cavalcoli passa poi a descrivere quello che dovrebbe essere la figura del Papa ed i problemi che la figura del Papa ormai si porta dietro da 50 anni: […] il munus del Papa è duplice: l’insegnamento – munusdottrinale - e una forza a sua disposizione, - munus pastorale - che dovrebbero essere la Curia romana e l’episcopato, incaricati di farlo rispettare. Ora invece, a partire da Paolo VI con impressionante progresso sino ad oggi, questa forza è quasi del tutto venuta a mancare. Che cosa resta al Papa? La voce di Cristo,quasi vox clamantis in deserto, che può certo consigliare, esortare, scongiurare, ma può anche, come ha fatto Cristo, comandare e minacciare, s’intende sempre per il bene della Chiesa. Questo è quindi quel “bene della Chiesa”, al quale secondo me il Papa si riferisce nella sua dichiarazione di dimissioni.

Ed insieme al Papa è anche tutta la Chiesa che sta soffrendo : La Chiesa si trova oggi in una situazione angosciosa che mai finora le era capitata. Essa, come già ebbe a dire Paolo VI , che parlò di un processo di “autodemolizione”, si sta distruggendo dall’interno. Tanti termini del linguaggio cattolico sono rimasti, ma con un significato anticattolico. Lo stesso termine “cattolico” non si capisce più che cosa significhi. Ma i modernisti, che Chiesa vogliono? E’ in fondo molto semplice: vogliono trasformare la Chiesa in un’associazione semplicemente umana sulla quale poter comandare secondo le loro idee modernistiche.

Alla fine Padre Cavalcoli esprime degli auguri a cui ci associamo con tutto il cuore ed alla cui realizzazione dedicheremo le nostre preghiere: […] Penso che il nuovo Papa sarà pieno di energia e al contempo pronto a soffrire e ad accettare di non essere obbedito, ma alzerà la voce con tono terribile, sull’esempio di Cristo che minaccia farisei e dottori della legge. Occorre infatti, a mio avviso, che il papato riacquisti il suo prestigio e la sua autorevolezza dottrinale, anche se non dispone delle forze necessarie per far applicare gli insegnamenti dottrinali e morali. Quanto a Ratzinger sono convinto che il suo gesto di abilissima “ritirata strategica”, gli consentirà di mettere a frutto le sue straordinarie doti di cultura e di saggezza per aiutare il nuovo Papa e la Chiesa a risorgere e a camminare sulle vie del Signore. […]

Spero di interpretare anche i vostri desideri e ringrazio  Padre Cavalcoli per questo bell’articolo che ci aiuta a capire la situazione attuale della Chiesa Cattolica e, capendo, ci fa essere più responsabili e pronti, con la preghiera e con le opere, a portare il nostro piccolissimo contributo nell’opera di ristabilimento della Fede Cattolica anche all’interno della Chiesa.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 25 di febbraio 2013 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)


GRAZIE, PADRE SANTO

di Alessandro Stucchi

A quasi due settimane di distanza dall’11 febbraio, giorno in cui papa Benedetto XVI ha annunciato di non sentirsi più in grado di sostenere il fardello del Ministero Petrino, voglio scrivere anch’io un pensiero per riassumere questo periodo di otto anni che ha avuto una conclusione così brusca e inaspettata.  Premesso che i Papi vanno amati tutti allo stesso modo, se dovessi esprimere per forza una preferenza tra quelli che si sono susseguiti negli anni più recenti, non avrei alcun dubbio: Benedetto XVI è stato il mio Papa. Questa affermazione non vuole assolutamente essere una sorta di “rivincita” nei confronti del beato Giovanni Paolo II, che più o meno tutti dicono di preferire e che ha accompagnato con il suo Ministero gli anni della mia intera infanzia; è semplicemente la dichiarazione di una certezza radicata e consolidata.  Benedetto XVI è stato il mio Papa, perché è a partire dal suo primo anno di pontificato che ho iniziato un processo di avvicinamento sempre più consapevole e maturo alla Fede; un processo che non avrebbe potuto iniziare nel migliore dei modi senza un’attenzione costante alle attività del Papa, in particolare all’ascolto delle sue omelie, discorsi e allocuzioni, che hanno suscitato in me un interesse sempre più vivo per l’integrità e precisione della Dottrina Cattolica.  Grazie dunque, beatissimo Padre, per avermi insegnato che la Fede Cattolica non è un pozzo di teorie più o meno personali e istintive, dal quale ognuno può attingere acqua a piacimento; grazie perché con il suo esempio mi ha insegnato, in moltissime occasioni, a non farmi influenzare dal pensiero di massa, ma a seguire sempre ciò che mi diceva la coscienza, anche a costo di ricevere critiche e incomprensioni. Grazie, beatissimo Padre, per avermi insegnato, con quella Riforma della Riforma ancora da troppi incompresa e rifiutata, che il futuro non è in rottura con il passato e con la Santa Tradizione  e che quest’ultima mai potrà essere mutata a seconda delle istanze del mondo; grazie per avermi insegnato che la Liturgia è fondamentale per la solidità della fede, e per averne dato sempre esempio nelle Messe papali. Grazie, beatissimo Padre, per aver esposto la sua persona così spesso a dura prova, continuando a reggere il Timone della Barca di Pietro anche nelle burrasche più pericolose, un po’ come la tempesta di quella notte d’agosto in cui decise, nonostante la situazione, di rimanere tra i suoi giovani; grazie per aver fatto dono della sua visita, nel giugno 2012, alla nostra Chiesa di Milano, confermando dal vivo tutti noi con la sua parola e facendoci sentire un’unica grande Famiglia, assieme alle famiglie di tutto il mondo. Le sono soprattutto grato, beatissimo Padre, per essere stato, fin da quel piovigginoso pomeriggio del 19 aprile 2005, un umile lavoratore nella Vigna del Signore, non ricercando mai il consenso della massa, ma al contrario attirandosene spesso l’antipatia, sempre a costo di difendere la Verità. La sua decisione, indubbiamente, non ha potuto fare a meno di suscitare dolore, sorpresa, e mia sia concesso, anche incomprensione; ma ci conforta che lei la abbia presa nell’interesse stesso della Santa Chiesa. Nella consapevolezza che questo non è un addio, ma un arrivederci, e che a guidare la Chiesa non sono soprattutto gli uomini, confidiamo nella sua promessa di rimanerci sempre accanto nella preghiera. Grazie, Padre Santo.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 25 di febbraio 2013 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)

QUESTE MANFRINE ECCLESIASTICHE DI BASSA LEGA E CIOÈ LA PERDURANTE ASSENZA DI RISPOSTA ALLA MISSIVA DEL CIRCOLO, NON È CHE ABBIANO CONTRIBUITO A FAR CRESCERE LA MIA STIMA VERSO CERTE GERARCHIE


PARLA IL CATECUMENO LA CUI SITUAZIONE AVEVAMO ESPOSTO ALLE CONGREGAZIONI VATICANE

queste manfrine ecclesiastiche di bassa lega e cioè la perdurante assenza di risposta alla missiva del circolo, non è che abbiano contribuito a far crescere la mia stima verso certe gerarchie

Taluni suggerimenti letti sul Blog possono essere presi benissimo in considerazione dal sottoscritto

di Lorenzo Corradi

Scrivere della mia situazione con la Chiesa Cattolica in queste ore pare quasi surreale. Colui che deve pascere il gregge del Signore lascia in maniera clamorosa e le sue pecorelle sembrano quasi essere proprio quelle smarrite del Vangelo. Al di là di questo, mi è stato chiesto di scrivere su di me, del mio auspicato Battesimo e di tutto quanto si è scritto in merito nelle ultime settimane. Ripercorrere gli eventi mi sembra pleonastico, le missive che il Circolo Ragionar Cattolico ha inviato presso chi, nelle stanze della Santa Sede, deve occuparsi della questione, rispondere a domande ben precise, mi sembra che siano sufficientemente chiare affinché ognuno possa farsi un’idea in merito. Personalmente ho seguito il dibattito intercorso tra gli utenti del blog “Chiesa e post concilio”, dove veniva pubblicata la lettera che lo stesso Circolo aveva inviato alla Sacra Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ed alla Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede. Non voglio ripercorrere neanche il suo contenuto, a piena conoscenza di chi lo deve sapere ed a chi frequenta e sfoglia le pagine della rivista del Circolo stesso. Vedo, comunque, che il nocciolo principale della questione (ossia la tempistica necessaria per ottenere il Battesimo), sia alquanto generica ed a larga discrezione dei parroci, con buona pace dei due anni previsti dal Rito d’Iniziazione Cristiana degli Adulti, il cosiddetto RICA e comunque esattamente la via di mezzo di quel periodo compreso tra l’uno ed i tre anni dettomi da qualche uomo in talare. Mi rendo perfettamente conto che la mia presa di posizione possa essere “interessata”, ma voglio sollecitare chi legge a giudicare secondo criteri logici ed un po’ meno formali: un conto è desiderare il ricevimento del Battesimo con scarse conoscenze teologiche di base e magari non conoscere neanche che cosa significhi farLo, un caso in cui una lunga ed adeguata preparazione mi pare più che doverosa. Altro è quello in cui il catecumeno si presenta a chiederLo con convinzione e conoscenza teologica. Ora, il sottoscritto non ha certamente la laurea in Teologia a Tubinga, ma la curiosità giovanile verso il Cristianesimo prima e l’adesione ad esso avvenuta col passare degli anni, fatti che mi hanno portato ad approfondirne sempre di più la conoscenza ed a comprenderlo, mi fa rivendicare il diritto ad appartenere al secondo caso. Inoltre, siccome scrivo in piena onestà, non nascondo che queste manfrine ecclesiastiche di bassa lega e cioè la perdurante assenza di risposta alla missiva del Circolo, non è che abbiano contribuito a far crescere la mia stima verso certe Gerarchie che alla suddetta questione sono chiamate a rispondere. Per carità, non ho tendenze sedevacantiste e tanto meno sono uno che crede all’ideologia della “Chiesa dal basso”, però ritengo legittimo avere delle risposte ufficiali da personalità che, altrettanto ufficialmente in teoria, dovrebbero avere a cuore la conversione e la richiesta di Battesimo; invece tutto tace e non si può certamente trovare come giustificazione l’attuale stato di cose dopo la notizia su Benedetto XVI. Se non spetta a loro sciogliere la questione, dare le risposte che il Circolo ed io chiediamo, chi deve farlo? Ovvio che non posso aspettare ancora a lungo e che taluni suggerimenti letti nei commenti sul blog “Chiesa e post concilio”, possono essere presi benissimo in considerazione dal sottoscritto.

In effetti, come più volte detto, fra le tante opzioni, la cosa sicuramente inaccettabile è la non risposta. Che però si è ancora in tempo a dare, se si vuole. Come, sempre se si vuole, si può gridare: «lesa maestà» contro l’articolo di questo giovane convertito. A chi di dovere la scelta. La Redazione 

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 25 di febbraio 2013 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)