giovedì 28 febbraio 2013

GRAZIE, PADRE SANTO

di Alessandro Stucchi

A quasi due settimane di distanza dall’11 febbraio, giorno in cui papa Benedetto XVI ha annunciato di non sentirsi più in grado di sostenere il fardello del Ministero Petrino, voglio scrivere anch’io un pensiero per riassumere questo periodo di otto anni che ha avuto una conclusione così brusca e inaspettata.  Premesso che i Papi vanno amati tutti allo stesso modo, se dovessi esprimere per forza una preferenza tra quelli che si sono susseguiti negli anni più recenti, non avrei alcun dubbio: Benedetto XVI è stato il mio Papa. Questa affermazione non vuole assolutamente essere una sorta di “rivincita” nei confronti del beato Giovanni Paolo II, che più o meno tutti dicono di preferire e che ha accompagnato con il suo Ministero gli anni della mia intera infanzia; è semplicemente la dichiarazione di una certezza radicata e consolidata.  Benedetto XVI è stato il mio Papa, perché è a partire dal suo primo anno di pontificato che ho iniziato un processo di avvicinamento sempre più consapevole e maturo alla Fede; un processo che non avrebbe potuto iniziare nel migliore dei modi senza un’attenzione costante alle attività del Papa, in particolare all’ascolto delle sue omelie, discorsi e allocuzioni, che hanno suscitato in me un interesse sempre più vivo per l’integrità e precisione della Dottrina Cattolica.  Grazie dunque, beatissimo Padre, per avermi insegnato che la Fede Cattolica non è un pozzo di teorie più o meno personali e istintive, dal quale ognuno può attingere acqua a piacimento; grazie perché con il suo esempio mi ha insegnato, in moltissime occasioni, a non farmi influenzare dal pensiero di massa, ma a seguire sempre ciò che mi diceva la coscienza, anche a costo di ricevere critiche e incomprensioni. Grazie, beatissimo Padre, per avermi insegnato, con quella Riforma della Riforma ancora da troppi incompresa e rifiutata, che il futuro non è in rottura con il passato e con la Santa Tradizione  e che quest’ultima mai potrà essere mutata a seconda delle istanze del mondo; grazie per avermi insegnato che la Liturgia è fondamentale per la solidità della fede, e per averne dato sempre esempio nelle Messe papali. Grazie, beatissimo Padre, per aver esposto la sua persona così spesso a dura prova, continuando a reggere il Timone della Barca di Pietro anche nelle burrasche più pericolose, un po’ come la tempesta di quella notte d’agosto in cui decise, nonostante la situazione, di rimanere tra i suoi giovani; grazie per aver fatto dono della sua visita, nel giugno 2012, alla nostra Chiesa di Milano, confermando dal vivo tutti noi con la sua parola e facendoci sentire un’unica grande Famiglia, assieme alle famiglie di tutto il mondo. Le sono soprattutto grato, beatissimo Padre, per essere stato, fin da quel piovigginoso pomeriggio del 19 aprile 2005, un umile lavoratore nella Vigna del Signore, non ricercando mai il consenso della massa, ma al contrario attirandosene spesso l’antipatia, sempre a costo di difendere la Verità. La sua decisione, indubbiamente, non ha potuto fare a meno di suscitare dolore, sorpresa, e mia sia concesso, anche incomprensione; ma ci conforta che lei la abbia presa nell’interesse stesso della Santa Chiesa. Nella consapevolezza che questo non è un addio, ma un arrivederci, e che a guidare la Chiesa non sono soprattutto gli uomini, confidiamo nella sua promessa di rimanerci sempre accanto nella preghiera. Grazie, Padre Santo.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 25 di febbraio 2013 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)

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