A quasi due settimane di distanza
dall’11 febbraio, giorno in cui papa Benedetto XVI ha annunciato di non
sentirsi più in grado di sostenere il fardello del Ministero Petrino, voglio
scrivere anch’io un pensiero per riassumere questo periodo di otto anni che ha
avuto una conclusione così brusca e inaspettata. Premesso che i Papi
vanno amati tutti allo stesso modo, se dovessi esprimere per forza una
preferenza tra quelli che si sono susseguiti negli anni più recenti, non avrei
alcun dubbio: Benedetto XVI è stato il mio Papa. Questa affermazione non vuole
assolutamente essere una sorta di “rivincita” nei confronti del beato Giovanni
Paolo II, che più o meno tutti dicono di preferire e che ha accompagnato con il
suo Ministero gli anni della mia intera infanzia; è semplicemente la
dichiarazione di una certezza radicata e consolidata. Benedetto XVI è
stato il mio Papa, perché è a partire dal suo primo anno di pontificato che ho
iniziato un processo di avvicinamento sempre più consapevole e maturo alla Fede;
un processo che non avrebbe potuto iniziare nel migliore dei modi senza
un’attenzione costante alle attività del Papa, in particolare all’ascolto delle
sue omelie, discorsi e allocuzioni, che hanno suscitato in me un interesse
sempre più vivo per l’integrità e precisione della Dottrina Cattolica.
Grazie dunque, beatissimo Padre, per avermi insegnato che la Fede
Cattolica non è un pozzo di teorie più o meno personali e istintive, dal quale
ognuno può attingere acqua a piacimento; grazie perché con il suo esempio mi ha
insegnato, in moltissime occasioni, a non farmi influenzare dal pensiero di
massa, ma a seguire sempre ciò che mi diceva la coscienza, anche a costo di
ricevere critiche e incomprensioni. Grazie, beatissimo Padre, per avermi
insegnato, con quella Riforma della Riforma ancora da troppi incompresa e
rifiutata, che il futuro non è in rottura con il passato e con la Santa
Tradizione e che quest’ultima mai potrà essere mutata a seconda delle
istanze del mondo; grazie per avermi insegnato che la Liturgia è fondamentale
per la solidità della fede, e per averne dato sempre esempio nelle Messe
papali. Grazie, beatissimo Padre, per aver esposto la sua persona così spesso a
dura prova, continuando a reggere il Timone della Barca di Pietro anche nelle
burrasche più pericolose, un po’ come la tempesta di quella notte d’agosto in
cui decise, nonostante la situazione, di rimanere tra i suoi giovani; grazie
per aver fatto dono della sua visita, nel giugno 2012, alla nostra Chiesa di
Milano, confermando dal vivo tutti noi con la sua parola e facendoci sentire
un’unica grande Famiglia, assieme alle famiglie di tutto il mondo. Le sono
soprattutto grato, beatissimo Padre, per essere stato, fin da quel piovigginoso
pomeriggio del 19 aprile 2005, un umile lavoratore nella Vigna del Signore, non
ricercando mai il consenso della massa, ma al contrario attirandosene spesso
l’antipatia, sempre a costo di difendere la Verità. La sua decisione,
indubbiamente, non ha potuto fare a meno di suscitare dolore, sorpresa, e mia
sia concesso, anche incomprensione; ma ci conforta che lei la abbia presa
nell’interesse stesso della Santa Chiesa. Nella consapevolezza che questo non è
un addio, ma un arrivederci, e che a guidare la Chiesa non sono soprattutto gli
uomini, confidiamo nella sua promessa di rimanerci sempre accanto nella
preghiera. Grazie, Padre Santo.
Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 25 di febbraio 2013 - riproduzione riservata (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)
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