martedì 25 dicembre 2012

LA SACRA SINDONE: LA FALLIBILITÁ DEL METODO AL RADIOCARBONIO; L’IMPOSSIBILITÁ DELL’ESISTENZA DI UN FALSARIO E LE INCREDIBILI “COINCIDENZE” FRA L’UOMO DELLA SINDONE E GESÚ

di Antonello Ranucci
sindonologo

British Museum, ottobre 1988. La notizia era già stata resa pubblica dal Vaticano un paio di giorni prima ma, ora, c’erano i media di tutto il mondo ed il  prestigio e la severa autorevolezza della sede scelta per l’annuncio ufficiale.  Il risultato era  ben visibile su una lavagna posta alle spalle del direttore del Museo che, da parte sua, nulla faceva  per  nascondere la propria  soddisfazione : 1260 – 1390. Il test di datazione al radiocarbonio cui era stato sottoposto un frammento di Sindone non lasciava dubbi; il Lenzuolo che secondo i Vangeli aveva avvolto il Corpo di Cristo appena deposto dalla Croce, il Telo venerato da milioni di fedeli, la madre di tutte le reliquie….. era  un falso medioevale, un grossolano falso risalente, appunto, al periodo individuato tra il 1260 ed il 1390.  La trappola, nella quale la Chiesa  era (volontariamente ?) caduta,  era quindi regolarmente  scattata  e lo scacco  alla Sindone  era dunque posto. Ma, ci chiediamo, il secco responso scientifico ha  quindi veramente chiuso una volta per tutte la questione? O invece le cose non stanno come si vuole far credere e la Sindone esce vittoriosa anche da questa “battaglia”?! Sì, perché troppe cose non tornano  alla luce delle altre, molteplici, analisi cui la Sindone è stata sottoposta;  e poi c’è la questione relativa alla attendibilità  del test effettuato! Il metodo di datazione con il radiocarbonio è davvero così infallibile come si asserisce?! Potremmo chiudere ogni questione in proposito riportando le parole pronunciate, purtroppo solo nel 2008 ed  ignorate da quasi tutta stampa, da direttore del Laboratorio di Oxford (uno di quelli che effettuò la incriminata  datazione) che testualmente affermò:«Quell’esame forse era sbagliato!» Non vogliamo  tuttavia  sottrarci alla discussione in proposito, volendo invece approfondire la questione. Va innanzitutto ribadito una volta per tutte come il test del radiocarbonio non sia assolutamente  esente da imprecisioni e gli scienziati seri  sono molto cauti sul punto giacché,  spesso, esso  ha fornito risultati esilaranti;  la letteratura scientifica riferisce di grossolani errori come i gusci di lumache vive risultati vecchi di 26.000  anni o come quelle foglie cadute dai platani romani  e datate come risalenti al 1.400 ! Ciò perché la estrema sensibilità del test lo rende paradossalmente impreciso, soggetto, com’è, ad alterazioni dovute a numerosi fattori: all’inquinamento atmosferico, al tasso di vapore acqueo o anidride carbonica presenti nell’aria e a fenomeni naturali come eruzioni vulcaniche e grossi incendi. Già gli incendi; la memoria corre al 1532 a Chambery, dove la Sindone era custodita, e dove un violento  incendio aggredì la cassa di legno ove il Telo era stato ripiegato. La cassa bruciò, il rivestimento di argento che la ricopriva si fuse  originando grosse gocce che colarono su un angolo  causando quelle simmetriche losanghe che oggi si notano a Telo dispiegato. Scienziati  indipendenti  sono concordi nel ritenere che le altissime temperature cui il Lino fu esposto e  l’acqua  fredda  con cui  bruscamente si spense l’incendio, abbiano drammaticamente alterato  i risultati  del test rendendoli totalmente inattendibili. E la Sindone poi, alla luce della sua storia millenaria e delle precarie (e a volte ignote) modalità di conservazione,  non può essere assoggettata ad un esperimento di tal genere. Sappiamo che essa è stata baciata,  toccata da milioni di mani; ha  asciugato le lacrime di pellegrini, viaggiatori,  nobili, di re, dignitari di corte, di Santi che davanti a Lei si sono commossi; è stata esposta ai fumi degli incensi e di  essenze profumate; migliaia di candele sono state accese davanti ed Essa che è stata muta  testimone di assedi, guerre, scontri, pestilenze, etc. Tutto ciò rende la Sindone  oggetto “impuro” dal punto di vista del test di radio datazione che, in quanto tale, è assolutamente inutilizzabile. C’è inoltre – ma questa è un’altra storia – il fondato dubbio che, come sembrerebbe evincersi dal filmato girato nell’occasione, i frammenti poi sottoposti al test siano stati prelevati proprio laddove le monache clarisse eseguirono, dopo l’incendio, interventi  di restauro. E poi  ci sono i risultati di moltissimi esami indipendenti e multidisciplinari  cui negli ultimi anni è stata sottoposta la Sindone, esami  che non hanno minimamente svelato il mistero sull’origine dell’Impronta. Già, perché pochi sanno che il Sacro Lenzuolo è stato esaminato in lungo e largo, sottoposto a letture fotografiche  elettroniche e computerizzate; ai raggi X,  alla ”Luce di Wood”; alla spettroscopia e spettroflessometria; all’infrarosso; all’esame termografico con radiazioni infrarosse; al microscopio; a scansione, etc. Tutti questi esami, sono però serviti a porre nel nulla  tutte le teorie elaborate dai negazionisti  iconoclasti. E infatti la Sindone non è un dipinto stante l’acclarata assenza di pennellate e di coloranti di alcun genere; non può essere un decalco per l’inesistenza di trasferimento di sostanze estranee; non è una fotografia (tecnica peraltro sommariamente elaborata solo nel 1700) che non può dare i risultati  forniti dalla Sindone esposta alla luce di Wood  e non è suscettibile di elaborazione tridimensionale; non è il risultato di un bassorilievo riscaldato (tesi questa tra le più accreditate dai “ negazionisti”) per una serie di diverse ragioni:  il diverso comportamento alla fluorescenza, la diversa profondità dell’impronta (quella sindonica è estremamente labile e  superficiale, l’altra passa addirittura il Telo da parte a parte) e l’assenza di immagine sotto le macchie di sangue.E poi ci sono due  il problemi insormontabili per un falsario medioevale:  la presenza di sangue sul Telo dovuto al contatto con un cadavere e la presenza di pollini. Infatti  studiosi  americani  ed il Prof. Baima Bollone (anatomopatologo di fama internazionale) sono giunti, indipendentemente tra loro e nel quadro di diverse analisi, ad identiche conclusioni: hanno accertato la presenza di sangue, sangue di colore  rosso vivo, particolare invero strano per un sangue molto antico; tale colorazione, hanno accertato gli studiosi, è  dovuto alla copiosa presenza di bilirubina, il “colore del martirio”,  presenza spiegabile scientificamente con la circostanza che il  sangue proveniva da un corpo precedentemente sottoposto a torture. Il Prof. Baima Bollone  è poi andato ancora più in là, identificando le tracce della flagellazione e quelle  della compressione sulle scapole dell’impronta dovuta al trasporto del pesante “braccio orizzontale” della Croce,  proprio come descritto dai Vangeli. Ci sono inoltre gli straordinari risultati degli esami effettuati dallo studioso Max Frei, esperto botanico e criminologo, il quale prelevò campioni di polvere dalla Sindone;  dopo tre anni di studi,  identificò  tra le polveri millenarie granuli di pollini di  piante presenti in Italia e Francia; ma anche di piante, 41 per la precisione, che non esistono in Europa essendo tipiche  ed esclusive della Palestina e della zona del mar Morto; identificò inoltre il polline – particolare questo importantissimo per gli studi sindonici – di un giglio selvatico che cresce in altitudine in un territorio interno della Turchia, laddove oggi sorge la città di Urfa, l’antica Edessa; città  dove, dal terzo al decimo secolo era stato venerato il c.d. Archeiropoietos (parola traducibile come “non dipinto da mano umana”) un misterioso telo recante l’immagine del signore e che gli studiosi  identificano con l’odierna Sindone. In altre parole, alla luce degli studi di Frei, studioso di cultura laica e razionale, il Telo Sindonico era stato in tutti i luoghi ove, se autentico, doveva essere stato. Il falsario, tornando alle ipotesi della contraffazione  medioevale, avrebbe  dunque dovuto inserire  sulla Sindone particolari invisibili ad occhio nudo: innanzitutto il sangue con la giusta quantità di bilirubina,  senza alcuna  pennellatura e apposto  nei posti giusti e prima della creazione dell’immagine;   poi i segni del flagello e del braccio orizzontale della Croce; poi i pollini  di piante inesistenti in Europa. Avrebbe quindi creato l’immagine (in che modo non  è dato di sapere) dandole caratteristiche tridimensionali verificabili solo sulla scorta di tecniche messe a punto negli anni ’80.  Avrebbe poi messo i chiodi non dove l’iconografia li ha sempre posti (ovvero nel palmo delle mani) ma, correttamente,  nei polsi.  Il falsario inoltre doveva essere a conoscenza di una usanza ebraica,  accertata da studi recentissimi attraverso il ritrovamento di scheletri con monetine all’interno del teschio,  quella  di porre monete sugli occhi dei defunti. Infatti studi con tecniche avanzatissime hanno permesso di identificare tracce di moneta sul sopracciglio sinistro dell’Impronta; in particolare si tratterebbe di una moneta identificata come il “ lepton”,  coniata proprio da Pilato in onore dell’imperatore Tiberio. Le evidenze scientifiche escludono, in sostanza, che la Sindone sia un manufatto visto che le sofisticatissime analisi avrebbero da tempo scoperto le modalità di falsificazione o almeno tracce di essa. Resta il problema dell’identificazione dell’Uomo della Sindone, anche alla luce della sua straordinaria corrispondenza con i racconti evangelici. Alcuni sindonologi hanno pensato di usare a tal proposito il  “calcolo delle probabilità” individuando come punto di partenza le straordinarie caratteristiche comuni tra “l’uomo della Sindone e Gesù. In particolare: 1) Gesù e l’uomo della Sindone sono stati avvolti in un lenzuolo, fatto molto raro  nei tempi antichi; 2) Gesù e l’uomo della Sindone sono stati avvolti nel lenzuolo senza che prima fossero effettuate operazioni di lavatura del corpo; 3) Il contatto con il Lenzuolo è stato breve, non più di due o tre giorni essendo assenti tracce di decomposizione; 4) Sia l’uomo della Sindone che Gesù sono stati torturati con un casco di spine, fatto questo eccezionale che costituisce un unicum nella storia; 5) L’uomo della Sindone, come Gesù, ha portato sulle spalle un oggetto pesante ( il braccio orizzontale della croce); 6) Gesù e l’uomo della Sindone sono stati crocefissi, fatto alquanto raro poiché nella maggioranza dei casi i condannati venivano legati alla croce con corde; 7) L’uomo della Sindone e Gesù sono stati feriti al costato e non sono state spezzate loro le gambe come, invece, erano soliti fare i romani per accelerare la morte del condannato. Assegnando una probabilità  ad ognuna di tali   straordinarie  caratteristiche  comuni  tra l’uomo della Sindone e Gesù, la probabilità totale che esse si trovino riunite in uno stesso uomo è pari ad 1 su 200 miliardi.  La fede, naturalmente, non ha bisogno né di reliquie  né di evidenze scientifiche; ma  la certezza   che la Sindone abbia davvero avvolto il Corpo di Nostro Signore non solo non è scalfita dalle evidenze scientifiche ma, anzi, risulta comprovata da esse.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 23 di dicembre 2012 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)

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