martedì 12 marzo 2013

«LA PAURA DELLA REALTÁ È, ALLA FIN FINE, UNA MANCANZA DI FEDE»

di Diego Vanni

Una domenica mattina stavo tornando dalla Messa assieme a Francesco Bernardini, il quale mi ha detto una frase – non ricordo, per la verità, in risposta a quale mio ragionamento specifico – sulla quale ho ritenuto di dover scrivere un articolo, potendo così passare in rassegna analitica tutti i concetti e le riflessioni che da questa frase scaturiscono. Mi ha detto: «La paura della realtà è, alla fin fine, una mancanza di fede» e ha aggiunto: «Ma perché uno che crede in Gesù Cristo dovrebbe aver paura della realtà, della verità?!». Credo sia un concetto profondamente vero. In ultima istanza, infatti, la paura della realtà è una mancanza di fede perché presuppone la presunta incapacità redentiva di Dio. La realtà è spesso negativa, dentro e fuori la Chiesa, è vero, ma non ha forse Dio il potere di redimerla da questa negatività?! C’è forse bisogno che noi cattolici ce la nascondiamo (questa realtà negativa, scomoda)?! Che seppelliamo sotto una spessa coltre di terra questa negatività della realtà?! C’è da averne così tanto terrore?! Certo… certe cose sono oggettivamente mostruose, raccapriccianti, da far inorridire (vedasi lo scandalo pedofilia nella Chiesa), ma… quanto è giusto nasconderle?! Qui sono due le dimensioni del ragionamento: una, di ordine più importante, inerisce la dimensione fideistica e, come spiegato poc’anzi, può portare, ancorché implicitamente,  alla conclusione dogmaticamente, dottrinalmente pericolosissima, per non dire eretica, per la quale la potenza infinita di Dio non è in grado di contrastare, di redimere questo male imperante. Sarà anche un ragionamento che fanno solamente i più sottili, ma non bisognerebbe dar modo a nessuno di farlo, perché ha conseguenze devastanti, appunto. Ma, come detto, c’è anche un’altra dimensione, più “politica”. In questo secondo caso, c’è da chiedersi: la scelta di seppellire sempre tutto ciò che è scomodo, tutto ciò che è negativo, paga (come si suol dire)?! In altre parole, è una scelta “politica” che porta ad un buon risultato “politico”?! O non è piuttosto controproducente! Riprendiamo il già citato “caso pedofilia”. Vescovi su vescovi (ma non solo) hanno coperto a più non posso questi casi, si sono tolti la talare episcopale per mettersi una tuta da lavoro che consentisse loro di metter mano alla vanga per gettare affannosamente quintali e quintali di terra sui casi in oggetto. Magari in buona fede, per “salvare” l’immagine della Chiesa Cattolica. O, magari, in cattiva fede, per salvare – stavolta per davvero – la loro carriera ecclesiastica; per non precludersi la berretta cardinalizia o una sede episcopale più prestigiosa. Risultato?! Quando, alla fine, è venuto tutto alla luce del sole non solo non hanno “salvato” l’immagine della Chiesa Cattolica – vista ora, riporto il ragionamento della gente comune non il mio, come fatta non solamente di pedofili, ma anche di complici di pedofili – ma neanche la loro carriera ecclesiastica, vero ed unico oggetto di culto per alcuni di loro. Ma poi… “salvare” l’immagine della Chiesa Cattolica! Chi, salva?! Voi?! No di certo! Se Gesù ragionasse come loro, non avrebbe sgridato Pietro, il Papa, il Principe degli Apostoli, dicendogli: «Vattene via da Me, Satana!» perché questo non avrebbe contribuito a “salvare” l’immagine della Chiesa Cattolica! Non avrebbe permesso che ci fosse un Giuda perché questo non avrebbe contribuito a “salvare” l’immagine della Chiesa Cattolica! Ma, spesso, nel clero non si ragiona così. Qual è, infatti, la motivazione dalla quale scaturisce il rimprovero a Pietro, di cui prima?! Qual è il prosieguo di quel«Vattene via da Me, Satana!»?! E’ questo: «Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini» (Mc 8,33). Eh già! Sta tutto lì, il problema. Non avere il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini, non ragionare secondo Dio, ma secondo categorie umane, secondo logiche umane, di convenienza “politica”. E viene in mente, in questo senso, la logica che sta dietro ad una frase che Padre Alonso attribuisce a Nostro Signore Gesù Cristo:  «Fai sapere ai miei ministri, dato che seguono l’esempio del Re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia richiesta, che lo seguiranno nella sciagura» (J.M. Alonso, Fatima Ante La Esfinge, Madrid, 1917, p. 117). A proposito di logiche umane, politiche, appunto, che sembrano logiche da furbetti, ma che in realtà non sono perché portano ad una «sciagura» più grande. In conclusione di tutti questi ragionamenti, riporto un episodio. Su di un noto sito che tratta di questioni ecclesiastiche, il moderatore, in risposta a non so chi, ha scritto, nei commenti: «Mi spiace ho censurato il suo commento, non in quanto delirante… quanto piuttosto perché non riconosciamo diritto di parola né di opinione in ambito cattolico ai sedevacantisti”». Probabilmente questa persona pensa che la verità debba aver paura dei sedevacantisti. La verità ha una forza intrinseca. Se lui ne è un testimone, lasci che ognuno dica la sua, senza censurare, e controbatta, se cretinate vengono dette, con la forza della verità! La quale non ha alcuna paura del confronto con l’errore. «Non praevalebunt». Quanta paura della realtà, quanta mancanza di fede!

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 26 di marzo 2013 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)


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