«Scimus
Christum surrexisse a mortuis vere» recita la Sequenza pasquale. Noi sappiamo
con certezza che Cristo è risorto dai morti. O… dovremmo saperlo con certezza!
Eh sì! Perché la moderna scienza esegetica ne ha perfino per l’evento della
Resurrezione, evento – come vedremo – sul quale la Chiesa sta o cade. Prendo le
mosse per questo articolo da una mia (vivace) conversazione, avvenuta anni fa,
con un sacerdote livornese a cui sono molto affezionato e che, tuttavia, quella
volta prese una sonora cantonata. Riporto questo episodio ovviamente senza
menzionare il nome del sacerdote, per il rapporto che mi lega e lui e per
evitare personalismi che francamente non mi entusiasmano. La discussione avuta
con lui, però, sul piano oggettivo merita di essere riportata perché
emblematica (delle derive) della “scienza esegetica” moderna. La quale,
mettendo in discussione, o addirittura negando la storicità dei Vangeli e della
Risurrezione di Cristo, finisce per scardinare tutta l’architettura teologica
del cattolicesimo, riducendolo a dottrina che si fonda su di una “storiella”,
alla quale si è liberi o meno di credere, nella misura in cui essa non ha basi
oggettive e razionali.
Bendetto XVI docet Consapevole di questa pericolosa esegesi, che distingue il
“Cristo della fede” dal “Cristo della storia”, nell’aprile 2009 Papa Benedetto
XVI volle far chiarezza una volta per tutte (anzi due): la domenica di Pasqua e
poi il mercoledì successivo, nell’ambito dell’udienza generale in piazza San
Pietro. Benedetto XVI ha insistito sul fatto che la risurrezione di Gesù «non è
una teoria, ma una realtà storica, non è un mito né un sogno, non è una visione
né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile». Nella
Catechesi del mercoledì dopo Pasqua, Benedetto XVI disse: «È pertanto
fondamentale per la nostra fede e per la nostra testimonianza cristiana
proclamare la risurrezione di Gesù di Nazareth come evento reale, storico,
attestato da molti e autorevoli testimoni. Lo affermiamo con forza perché,
anche in questi nostri tempi, non manca chi cerca di negarne la storicità,
riducendo il racconto evangelico a un mito, ad una “visione” degli Apostoli,
riprendendo e presentando vecchie e già consumate teorie come nuove e
scientifiche». Benedetto XVI insiste sulla Risurrezione come «dato storico».
Scrive il Papa nel Messaggio della domenica di Pasqua: «In effetti, una delle
domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è
dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere
che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E
questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su
uno storico dato di fede (ma anche storico, nda): Gesù Cristo, crocifisso e
sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso.
Gesù
è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna».
Del resto, fa notare giustamente il Pontefice «stiamo parlando del cuore del
messaggio evangelico», citando san Paolo, che dice: «Se Cristo non è risorto,
vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1Cor 15,
14). E aggiunge, giustamente: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto
per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1Cor 15, 19).
Un ragionamento che dovrebbe essere assai scontato, ma che purtroppo, nel
desolante panorama di confusione dottrinale, non risulta tale. La Risurrezione,
pertanto, ribadisce il Papa «non è una teoria, ma una realtà storica rivelata
dall’Uomo Gesù Cristo… non è un mito né un sogno, non è una visione né
un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di
Nazareth, figlio di Maria, che al tramonto del venerdì è stato deposto dalla
croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba»,ribadendo la prova
dell’episodio dei discepoli di Emmaus. Ma il Pontefice non si ferma qui e
insiste sulla centralità dell’evento-Risurrezione, spiegando come «è un fatto
che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il
sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per
l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione».
Cosa significa negare la storicità della
Risurrezione Sostenere dunque
che la Risurrezione non è un fatto storico significa dunque questo: il
sopravvento del vuoto e la destituzione di fondamento dell’intera architettura
della teologia cattolica. Sostenere ciò significa: da un lato screditare
l’intera Sacra Scrittura come fonte storica (la quale mentendo sulla
Risurrezione come fatto storico potrebbe benissimo, stanti così le cose,
mentire su qualsiasi altro fatto in essa riportato, spacciandolo come
“storico”) e dall’altro minare le fondamenta razionali del cattolicesimo,
facendo decadere di conseguenza anche tutto l’impianto teologico che su di esse
si fonda. Perché è vero che la scienza teologica trascende la ragione, ma è
altrettanto vero che essa non può prescindere dalla ragione, pena il ridurre il
cattolicesimo a un sistema talmente astratto, indefinito ed indimostrabile da
risultare alieno alla vita dell’uomo. Si capisce benissimo, allora, come con un
metodo esegetico, come quello che distingue il Cristo storico dal Cristo della
fede, si possa distruggere l’intero cattolicesimo. Non ci rimane che pregare
affinché il momento attuale passi velocemente e si possa tornare presto
all’ortodossia! Possano queste fesserie morire una volta per tutte e, esse sì,
non risorgere mai
più.
Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 27 di aprile 2013 - riproduzione riservata (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)
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