di Diego Vanni
I
peccati di Giuda? Due: anzitutto un’idea sbagliata che si era fatto su Gesù (ma
era cosa rimediabile) e, in secondo luogo, il suo suicidio. Vediamo di
approfondirli entrambi e di capire in che modo questa idea sbagliata che
l’Apostolo traditore si era fatta su Gesù c’entri con il progressismo dei
giorni nostri. E partiamo proprio da qui: dall’idea sbagliata che Giuda si era
fatto di Gesù. Com’è noto, infatti, gli Apostoli (e Giuda non fa eccezione)
lasciarono tutto, famiglia compresa, per la sequela di Gesù, per seguire il
Divin Maestro. Non è una scelta facile abbandonare tutto, soprattutto la
propria famiglia. Ma gli Apostoli lo fecero. Per quale ragione? Dicevo poc’anzi
«per seguire il Divin Maestro». Ma c’era negli Apostoli la consapevolezza della
divinità di Cristo? Ossia: c’è sempre stata? Già solo il fatto che alla domanda
di Gesù «La gente chi dice che io sia?» e poi «E voi chi dite che io sia»
risponda solo Pietro (e con la risposta teologicamente più corretta che potesse
dare, non a caso «né la carne, né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre
mio che è nei cieli»), dicendo: «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente»,
la dice lunga, forse, sulla consapevolezza (iniziale) degli Apostoli circa
l’identità di Gesù. Ma ammettiamo pure che gli altri abbiano taciuto
semplicemente perché Pietro è stato più rapido a rispondere. Sicuramente non
c’era in Giuda questo tipo di consapevolezza. Giuda probabilmente considerava
Gesù alla stregua di un rivoluzionario che sarebbe dovuto diventare una sorta
di leader indipendentista che avrebbe liberato finalmente la Palestina
dall’occupazione romana. Va da sé che se si ha una simile idea di Gesù, quando
poi quel Gesù ti annuncia che deve morire… beh! Non ci si rimane bene! In un
attimo, quando capisci che veramente colui nel quale avevi riposto le speranze
andrà a morire e tutto dunque finirà, ti crolla il mondo addosso. Il sogno di
una vita p er il quale avevi abbandonato tutto, famiglia compresa, va in
frantumi. E sopraggiunge la disperazione, dunque il Demonio, la cui via
d’entrata nell’animo umano è quasi sempre la disperazione. Com’è andata a
finire lo sappiamo: Giuda va dai sommi sacerdoti, “vende” Gesù per trenta
denari, dà indicazioni alle guardie del sinedrio («Quello che bacerò è lui,
arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta»), le conduce all’orto del
Getsemani dove Gesù era in preghiera, lo bacia e lo fa arrestare. Il processo
del sinedrio, il processo di Pilato e via dicendo fino alla croce, alla morte.
Dunque: un’idea sbagliata su Gesù! L’idea di Gesù non come Messia e Redentore,
non come Verbo incarnato ed unico Salvatore dell’uomo, non come del Cristo, il
Figlio del Dio vivente, ma un’idea di Gesù come liberatore politico dal potere
romano. Quante volte anche oggi facciamo quest’errore! Quante volte anche oggi,
in piena deviazione dottrinale progressista, ci facciamo questa idea così
immanentistica di Gesù? Il Gesù filosofo, il Gesù politico, il Gesù del
sociale, il Gesù ecologista e chi più ne ha più ne metta (anzi no, cretinate su
Gesù ne sono già state dette più che a sufficienza)! Quante volte lo riduciamo
a ciò che non è. Ma «Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente»! Gesù è il
Verbo fatto carne per la salvezza degli uomini, per la salvezza eterna.
Smettiamo di tirarlo per la giacchetta di qua o di là, come fanno i politici
con il Presidente della Repubblica. Smettiamo di fargli dire ciò che Egli non
ha detto, di farlo passare per ciò che Egli non è! Come cattolici abbiamo il
dovere di testimoniarlo come Messia, come il Figlio del Dio vivente, come Dio
in persona, «generato, non creato, della stessa sostanza del Padre»! E se non
lo facciamo, se riduciamo la sua infinitezza divina per piegarlo alle nostre
finitezze umane ne risponderemo di fronte al Tribunale di Dio, dopo la morte,
al momento del Giudizio finale. E, in conclusione, il secondo aspetto,
accennato in apertura di articolo: il suicidio. Che poi, forse, è la diretta
conseguenza del primo errore (l’idea sbagliata su Gesù). Giuda si suicida,
forse, proprio perché non ha capito chi era Gesù. Lo avesse capito avrebbe
agito diversamente perché avrebbe compreso che con Lui è vinta ogni
disperazione. Mentre il suicidio è l’espressione più tremenda e drastica della disperazione.
A ben vedere infatti la pregnanza teologica devastante del suicidio è proprio
questa: il suicidio (peccato di gravità inaudita che espone enormemente al
rischio della dannazione eterna), è l’asserzione della (presunta) impotenza di
Dio nel dare un senso ed una speranza alla tua vita, nonché il misconoscimento
di Dio come Signore e padrone assoluto della vita dell’uomo.
Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 27 di aprile 2013 - riproduzione riservata (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)
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