domenica 14 ottobre 2012

ARRAMPICATE ESEGETICHE E DIVISIONE: CRONACA DI UN’OMELIA MODERNA

di Diego Vanni

Non c’è limite alla fantasia. Buttiamola sul ridere, ma c’è ben poco da ridere quando si ha a che fare con gli esegeti moderni. Quella che vi racconto è una omelia in cui si riprende tale moderna esegesi. Tenetevi forte. Domenica 29 gennaio. La prima lettura è tratta dal libro del Deuteronomio. Si fa riferimento ad un «profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi» (Dt 18,20). Mentre nel Vangelo di Marco, sempre di domenica 29 gennaio, si parla di «un uomo posseduto da uno spirito impuro (che) cominciò a gridare, dicendo: “Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il santo di Dio!”» (Mc, 23-24). Prima considerazione. Dubito molto della buona fede della traduzione; questa espressione… «spirito impuro»! Ma che cos’è uno «spirito impuro»?! Anche un normalissimo laico che è da tempo che non si confessa è uno «spirito impuro»! Smettiamola! Verosimilmente la traduzione originale recava la parola «Demonio», ma per le ragioni spiegate nell’editoriale che inizia in prima pagina, ma specialmente alle pagine 3 e 4, forse non era il caso di menzionare tale nome. Posso anche sbagliarmi, per carità. Vedremo! Approfondirò e vi farò sapere. Ma, come suggerisce il titolo, non è tanto questo il punto, quanto più le arrampicate esegetiche dell’omelia in questione per trovare un nesso fra il brano del Deuteronomio e quello del Vangelo di Marco. Come detto, il Deuteronomio fa riferimento alla possibilità concreta di un «profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire». E chi è questo?! Uno dei tantissimi apostati dei giorni d’oggi?! Non sia mai! E’ – per il sacerdote dell’omelia in questione – il fariseo, lo scriba, il dottore della Legge che, ha detto il sacerdote, «ha la veste dell’ortodossia, partecipa alle funzioni religiose, ma non è da Dio». «Del resto – prosegue il prete – è Gesù stesso a dirlo: “Legano dei fardelli pesanti e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li vogliono muovere neppure con un dito”(Mt 23,4)». Tutto questo – vi chiederete – per arrivare dove?! Al Vangelo di Marco, appunto. E qui viene la perla esegetica. Vi ricordate, no, che lo «spirito impuro» (bah!) dice a Gesù: «Sei venuto a rovinarci?». Orbene – è la perla esegetica del prete omileta – quel «rovinarci» non si riferisce agli «spiriti impuri» – basta: ai Demoni – ma ai concetti del fanatismo religioso, di cui il «profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire» sarebbe appunto il portavoce. Rovinare i concetti del fanatismo religioso. E’ ridicolo! E’ onanismo intellettuale! E’ arrampicata esegetica su specchi unti d’olio. Ma come si fa?! E come si compiaceva il sacerdote omileta di questa impervia scalata esegetica! Più un ragionamento è intellettualmente confuso; vistosamente artificioso, innaturale, forzato, più se ne compiacciono. Contenti loro… Ma non è finita qui. Dopo l’affondo contro il «fanatismo religioso» (in sostanza contro quei rompiscatole dei difensori della Verità, della Tradizione apostolica; della Dottrina della Fede), un altro affondo, stavolta contro chi «fa divisione», quindi, in sostanza, sempre contro gli esponenti del «fanatismo religioso»; contro quei rompiscatole dei difensori della Verità, della Tradizione apostolica; della Dottrina della Fede. Si cita l’etimologia greca di Diavolo (διαβάλλω), sottolineandone appunto, il carattere di divisore, di colui che porta «divisione». Tutto torna o (meglio) tornerebbe: gli esponenti del «fanatismo religioso» portano «divisione» nella comunità, ergo vengono dal Diavolo (stavolta si cita, parzialmente e a sproposito), infatti hanno la «presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire». Orbene; questo concetto può esser letto in una chiave giusta e in una sbagliata. Io penso che assolutizzarlo sia un errore (e grave). Perché se si dice in termini assoluti che non bisogna mai portare «divisione» allora, per fare un esempio, il cattolico vero non dovrebbe andare a redarguire una comunità ove si usi giocare con le particole eucaristiche. Eh no! Farebbe «divisione» (termine, peraltro, da loro inteso come «scompiglio»; «polemica»)! Ma è evidente – a chi non abbia perso la ragione oltre che la fede – che quel cattolico ha il dovere di redarguire tale comunità deviata. Non bastasse questo a convincervi, pensate alle parole di Gesù: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa. Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me» (Mt. 10, 34-37). Egli parla di «spada»; una cosa che, taglia, divide per definizione! Parla di «separare» cioè «dividere» il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera, tanto che «i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa». Che facciamo?! Accusiamo anche Lui di far divisione?! E’ tanto evidente l’infondatezza di questi discorsi! E’ logico che non abbiano ragion d’esser fatti! E’ tanto lineare la tesi che dimostra l’infondatezza di questi discorsi! Già! Tanto evidente! Tanto logico! Tanto lineare! Forse troppo per cervelli imbevuti di tale malsana esegetica!

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 14 di febbraio 2012 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)

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