sabato 13 ottobre 2012

È L’UOMO CHE DEVE STARE (UMILMENTE) A SERVIZIO DELLA DIVINA LITURGIA, NON QUESTA ASSERVILITA ALLE SMANIE DI PROTAGONISMO O AI CAPRICCETTI DELLA GENTE

di Diego Vanni

Le smanie di protagonismo a volte oltrepassano la soglia del ridicolo. Domenica 5 giugno, Messa delle 11:15. Stavo prestando servizio all’altare come turiferario (colui che porta il turibolo con l’incenso) alla Messa della prima Comunione (dei bambini che ho seguito, come catechista, per due anni, peraltro). Finita la cerimonia, una donna viene da me e, con l’aria tipica di tutti i progressisti, ossia con un’aria decisamente arrogante; mi dice: «Signor incensiere, lo sa che c’è gente a cui l’incenso da noia?! Alcuni di questi erano anche in chiesa questa mattina». Rispondo per le rime: «E, di grazia, come dovrei indovinarlo se nessuno me lo viene a dire?!». Beninteso, anche se fossero venuti a dirmelo, di certo non sarei retrocesso di un millimetro, per due ragioni: una di ordine più pratico, una di ordine più teorico (e maggiormente importante). Quella (intuitiva) di ordine più pratico, innanzitutto. A Guasticce, la quantità di incenso usata non è la stessa di un pontificale nella Basilica vaticana e, dunque, il capriccioso di turno, anche se sta in terza panca, non può certamente avvertirlo. Ammesso comunque (e non concesso) che lo avverta, può benissimo distanziarsi, senza troppo disturbo, di qualche passo (allora è certo che non lo avverte più) per quei tre soli momenti (Riti di introduzione, Vangelo e Liturgia eucaristica) in cui l’incenso viene effuso. Orbene, questo è di una tale evidenza che non andrebbe nemmeno scritto, se lo scrivo è semplicemente per denunciare la pretestuosità di tali contestazioni che, a ben vedere, appunto, lungi dall’essere la risposta ad un disagio di ordine fisico, sono il pretesto dei progressisti per depauperare completamente la divina liturgia, riducendola a ciò che loro vogliono; ossia una mera cena, un mero convivio fraterno e non la celebrazione solenne dei divini misteri. Ma, ammesso e non concesso, che di un disagio di ordine meramente fisico, si trattasse, beh… cari signori: alzate la parte meno nobile del vostro corpo da quella panca e vi distanziate un poco. Basta! Basta avere la pretesa che la celebrazione dei divini misteri debba sottostare alle vostre smanie di protagonismo o ai vostri capriccetti. La divina liturgia non può essere succube delle vostre fisime. Che il Signore ci liberi presto da questa mentalità e ridoni a tutto il popolo cristiano la virtù dell’umiltà, cosicché, depurati da insane smanie di protagonismo e di egocentrismo, possiamo accostarci alla divina liturgia, consapevoli che l’unica cosa che in essa conta (e deve risplendere) non siamo noi, per carità, ma Cristo stesso, assieme al mirabile sacrificio del Calvario. Sì, cari progressisti, perché la Messa è la rinnovazione incruenta del sacrificio del Calvario, non una cena fra amici! Sarebbe bene, a tal proposito, che i preti reiniziassero a fare delle serie catechesi sulla Messa. In tal modo, i di essa frequentatori si risparmierebbero certe sciocchezze (risultato numero 1); chi la riteneva un mero convito amichevole andrà altrove, magari a pranzo con gli amici, così evitandosi comunioni sacrileghe (risultato numero 2) e la Chiesa ritroverebbe l’unità (risultato numero 3). Scusate se è poco!

 Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 8 di giugno 2011 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)

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