domenica 14 ottobre 2012

L’EREDITÀ DELLA BATTAGLIA DI LEPANTO 440 ANNI DOPO

di Alessandro Stucchi

Durante l’assedio di Cipro, culminato il 4 agosto 1571, l’esercito turco si dimostrò talmente forte che i veneziani si arresero subito e resistette solo la città di Famagosta, comandata da Marcantonio Bragadin. Dopo essere stato catturato con l’inganno dal comandante ottomano Lalà Mustafà e dopo aver subito indescrivibili torture (gli furono mozzate ambedue le orecchie e il naso e fu fatto girare per le vie della città per tredici giorni a cavallo di un mulo), fu condotto nella piazza principale, seviziato e scorticato vivo. Da questo episodio si scatenò la volontà di vendetta da parte delle potenze cristiane, che diede vita ad una alleanza formata da Spagna, Genova, Venezia e il papato. Le flotte, guidate da don Giovanni d’Austria, fratellastro del re spagnolo Filippo II, si incontrarono a Messina, e da qui partirono per la Grecia. La flotta si fermò dietro a Lepanto, in modo da nascondersi (4 ottobre 1571). Il giorno successivo è quello della battaglia. Ciascuna flotta era composta da circa 200 galee, e tra una nave e l’altra si dovevano lasciare circa 50 m. Da qui sicapisce l’effetto visivo che avevano, tanto che i testimoni oculari lo definirono “un bosco che si muove”. In un’illustrazione che si trova nei musei Vaticani sono raffigurati allo stesso tempo due diversi momenti della battaglia, lo schieramento e la mischia. I cristiani oltre allo schieramento misero delle navi particolari veneziane dette “galeazze”, molto più grandi e con dei cannoni sulla fiancata. A sinistra ci sono le galee cristiane divise in tre gruppi: veneziani, spagnoli e genovesi. I turchi si divisero anch’essi in tre gruppi, e quello in mezzo è a forma di mezzaluna. I veneziani diedero un grandissimo peso alle galeazze, e le cronache dicono che la battaglia è stata vinta proprio grazie a loro. Gli spagnoli invece affermano che è stata vinta grazie al loro coraggio. I turchi vennero colti di sorpresa dalle galeazze e molte delle loro galee furono affondate; dopodiché tentarono di aggirare lo schieramento dei veneziani, ma vennero schiacciati. Lo schieramento dei genovesi e il terzo schieramento dei turchi puntarono invece verso il largo: Andrea Doria venne accusato di vigliaccheria, ma la ragione di tale “fuga” era che le navi erano sue, e non voleva perderle. Al centro la mischia è furibonda. Le navi si scontrano e ciascuna cerca di conquistare la rivale mandando i soldati sulla nave nemica. Le due capitane si cercarono volutamente e si scontrarono prua contro prua, e vennero affiancate da delle navi che le rifornivano. Don Giovanni d’Austria fece segare gli speroni delle navi, in modo che i cannoni potessero sparare in depressione e affondare gli avversari. La battaglia finì con la vittoria dei cristiani, che riuscirono a catturare e a uccidere l’ammiraglio turco decapitandolo; poi, secondo la tradizione, gli misero la testa su una picca e la fecero vedere a tutti gli sconfitti. Nelle stesse ore, a centinaia di chilometri di distanza, re Filippo II di Spagna stava assistendo alla celebrazione dei vespri nella sua cappella; al momento del canto del Magnificat, l’ambasciatore austriaco fece irruzione nella cappella, gridando che la Lega Santa aveva ottenuto la vittoria. Il sovrano non si scompose, e aspettò che la funzione si fosse conclusa, prima di festeggiare. Nel frattempo, a Roma, papa Pio V sedeva nel suo studio, a sbrigare affari di curia. Ad un tratto, come riferirono i testimoni, ebbe la visione della vittoria cristiana, e dispose che da quel momento, ogni anno il 7 ottobre, si osservasse la memoria della Beata Vergine del Santo Rosario. Volle inoltre che nelle Litanie Lauretane si aggiungesse l’invocazione “Auxilium Christianorum, ora pro nobis”. Si portava a compimento, infatti, la “crociata del rosario” che lo stesso pontefice, poi diventato santo, aveva bandito per invocare il sostegno, contro gli ottomani, della santissima Madre di Dio. Lo stesso don Giovanni d’Austria, prima che iniziasse lo scontro, minacciò di impiccagione qualunque soldato avesse osato bestemmiare, e tutti combatterono con la corona del Santo Rosario al polso. Questo non è solo un semplice evento bellico, una storia di guerra come tante altre: è soprattutto una storia di unione fraterna tra popoli di fronte all’intolleranza turca, una storia di fede e di devozione. Si, perché se quei marinai 440 anni fa non avessero rischiato la vita nelle acque al largo di Corinto, oggi il nostro continente europeo non sarebbe come lo conosciamo. Basti ricordare il massacro operato dagli ottomani sbarcati a Otranto; cosa avrebbero fatto se fossero penetrati in tutta Europa? Purtroppo è difficile credere che don Giovanni d’Austria o papa S. Pio V, se fossero qui oggi, sarebbero contenti di come ricordiamo quantohanno fatto per scongiurare l’invasione turca, e salvare l’identità cristiana del continente. Nonostante questa storia continui ad essere studiata su tutti i banchi di scuola, ogni scuola, ogni giorno i responsabili della nostra Europa Unita fanno del loro meglio per cancellare le sue radici giudaico- cristiane, che l’hanno portata ad essere così bella e affascinante sotto tutti i punti di vista. La secolarizzazione e la dittatura del relativismo dilagano, e non si contano più i tentativi di mettere in secondo piano la religione cattolica. Si pensi, per esempio, al giudice tedesco che ha affermato che per far tacere il muezzin dovrebbe fare lo stesso per le campane delle chiese, o alle feste di Natale nelle scuole che però in nessun modo devono avere a che fare con ”il Natale di Gesù”. Ed ecco qui l’eredità della battaglia di Lepanto, a 440 anni di distanza. Si crede forse che per realizzare una Europa unita nel modo più compiuto si debba cambiare la sua identità; ma nessuno ha mai pensato che l’unione della Lega Santa nel 1571, molto precedentemente agli accordi di Schengen, si formò proprio in nome di tale identità? Sarebbe meglio che anche i successori degli esponenti della Lega Santa inizino a pensarlo, e forse scoprirebbero un motivo di unione del quale in troppi si stanno dimenticando.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 10 di ottobre 2011 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)


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