domenica 14 ottobre 2012

DOMENICA DI PASQUA. L’EVENTO PASQUALE, LA CERTEZZA DELLA RISURREZIONE COME EVENTO SUL QUALE LA CHIESA STA O CADE

di Diego Vanni

«Scimus Christum surrexisse a mortuis vere» recita la Sequenza pasquale. Noi sappiamo con certezza che Cristo è risorto dai morti. O… dovremmo saperlo con certezza! Eh sì! Perché la moderna scienza esegetica ne ha perfino per l’evento della Resurrezione, evento – come vedremo – sul quale la Chiesa sta o cade. Prendo le mosse per questo articolo da una mia (vivace) conversazione, avvenuta anni fa, con un sacerdote livornese a cui sono molto affezionato e che, tuttavia, quella volta prese una sonora cantonata. Riporto questo episodio ovviamente senza menzionare il nome del sacerdote, per il rapporto che mi lega e lui e per evitare personalismi che francamente non mi entusiasmano. La discussione avuta con lui, però, sul piano oggettivo merita di essere riportata perché emblematica (delle derive) della “scienza esegetica” moderna. La quale, mettendo in discussione, o addirittura negando la storicità dei Vangeli e della Risurrezione di Cristo, finisce per scardinare tutta l’architettura teologica del cattolicesimo, riducendolo a dottrina che si fonda su di una “storiella”, alla quale si è liberi o meno di credere, nella misura in cui essa non ha basi oggettive e razionali.  

Bendetto XVI docet Consapevole di questa pericolosa esegesi, che distingue il “Cristo della fede” dal “Cristo della storia”, nell’aprile 2009 Papa Benedetto XVI volle far chiarezza una volta per tutte (anzi due): la domenica di Pasqua e poi il mercoledì successivo, nell’ambito dell’udienza generale in piazza San Pietro. Benedetto XVI ha insistito sul fatto che la risurrezione di Gesù «non è una teoria, ma una realtà storica, non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile». Nella Catechesi del mercoledì dopo Pasqua, Benedetto XVI disse: «È pertanto fondamentale per la nostra fede e per la nostra testimonianza cristiana proclamare la risurrezione di Gesù di Nazareth come evento reale, storico, attestato da molti e autorevoli testimoni. Lo affermiamo con forza perché, anche in questi nostri tempi, non manca chi cerca di negarne la storicità, riducendo il racconto evangelico a un mito, ad una “visione” degli Apostoli, riprendendo e presentando vecchie e già consumate teorie come nuove e scientifiche». Benedetto XVI insiste sulla Risurrezione come «dato storico». Scrive il Papa nel Messaggio della domenica di Pasqua: «In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede (ma anche storico, nda): Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna». Del resto, fa notare giustamente il Pontefice «stiamo parlando del cuore del messaggio evangelico», citando san Paolo, che dice: «Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede» (1Cor 15, 14). E aggiunge, giustamente: «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini» (1Cor 15, 19). Un ragionamento che dovrebbe essere assai scontato, ma che purtroppo, nel desolante panorama di confusione dottrinale, non risulta tale. La Risurrezione, pertanto, ribadisce il Papa «non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo… non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazareth, figlio di Maria, che al tramonto del venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba», ribadendo la prova dell’episodio dei discepoli di Emmaus. Ma il Pontefice non si ferma qui e insiste sulla centralità dell’evento-Risurrezione, spiegando come «è un fatto che se Cristo non fosse risorto, il “vuoto” sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione».

Cosa significa negare la storicità della Risurrezione Sostenere dunque che la Risurrezione non è un fatto storico significa dunque questo: il sopravvento del vuoto e la destituzione di fondamento dell’intera architettura della teologia cattolica. Sostenere ciò significa: da un lato screditare l’intera Sacra Scrittura come fonte storica (la quale mentendo sulla Risurrezione come fatto storico potrebbe benissimo, stanti così le cose, mentire su qualsiasi altro fatto in essa riportato, spacciandolo come “storico”) e dall’altro minare le fondamenta razionali del cattolicesimo, facendo decadere di conseguenza anche tutto l’impianto teologico che su di esse si fonda. Perché è vero che la scienza teologica trascende la ragione, ma è altrettanto vero che essa non può prescindere dalla ragione, pena il ridurre il cattolicesimo a un sistema talmente astratto, indefinito ed indimostrabile da risultare alieno alla vita dell’uomo. Si capisce benissimo, allora, come con un metodo esegetico, come quello che distingue il Cristo storico dal Cristo della fede, si possa distruggere l’intero cattolicesimo. Non ci rimane che pregare affinché il momento attuale passi velocemente e si possa tornare presto all’ortodossia! Possano queste fesserie morire una volta per tutte e, esse sì, non risorgere mai più.

Da La voce cattolica (Mensile del Circolo Ragionar cattolico) edizione n° 16 di aprile 2012 - riproduzione riservata  (richiedere autorizzazione a segretario@ragionarcattolico.it)

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